Angoulême/ le retour
Qualche ritardo qua e là. Un battesimo del fuoco. Una detective-story.
Questo l’intreccio liofilizzato della mia prima trasferta ad Angoulême.
I ritardi dei treni alla fine non hanno fatto alcun danno, permettendomi di raggiungere la città del festival con largo anticipo sui miei impegni, anche se quel paio di ore in più mi avrebbero fatto comodo per una visita al Museo dell’Immagine che tutti mi hanno detto essere strepitoso.
Per quanto riguarda il battesimo del fuoco, ormai ho fatto abbastanza dédicaces per non subire più l’emozione della prima volta, ma quella che ho provato mentre attendevo che gli altri autori che mi precedevano finissero il loro turno, è stata forse anche superiore. La piccola tendina che separava l’area privata dello stand Delcourt dal tavolo delle dediche mi è sembrata per un attimo il sipario di un teatro: l’ho spostata per guardare fuori col misto di gioia e tensione di un attore ancora agli inizi. Poi tutto bene, compreso qualche impercettibile progresso nel mio improbabile francese che tutti sottolineavano con commovente pietismo nei miei confronti.
In realtà quello della lingua è sempre un limite che di volta in volta fa aumentare la mia frustrazione; quanti incontri e discussioni interessanti in più potrei fare, ma tant’è.
Ho conosciuto o rivisto molti autori bravissimi, da Thierry Ségur a Virginie Augustin, da Chloé Cruchadet a José Luis Munuera e Christophe Quet, per finire con i connazionali Manuele Fior, Antonio Sarchione (al lavoro su un albo Delcourt con colori del solito Pieri, presente in fiera) e Marco Nizzoli, che è mio compagno nella scuderia Jodorowsky (anche lui giunto ad Angoulême per incontrare i suoi lettori), con il quale sta pubblicando ‘Il Mondo di Alef-Thau’. C’era poi ovviamente la squadra Delcourt al gran completo, con una menzione speciale per gli addetti ai festival evidentemente sotto pressione per l’avvenimento.
Mi ha impressionato la quantità di gente presente, soprattutto al sabato: era praticamente impossibile muoversi all’interno dello Spazio degli Editori mentre fuori venivano giù enormi fiocchi di neve…
La spy-story scatta sulla via del ritorno, quando mi accorgo, ormai partito col treno per l’Italia, di aver lasciato il book con gli storyboard in una (poco) prestigiosa Sandwicherie di Bercy.
Come agente sul posto mi rivolgo ai preziosi servigi della mia editor, Elisabeth Haroche, concordando per l’indomani una letale caccia all’uomo.
Dopo una ricerca incrociata con Google Maps e Street View, il cerchio si chiude inesorabile sul malcapitato esercente che viene raggiunto sul finire della mattinata e costretto a restituire i documenti dopo un breve conflitto a fuoco.
Troppe emozioni, è ora di tornare al lavoro…